Recensione: mother! di Darren Aronofsky (Speciale Venezia74)

Genere: drammatico/horror

Regia: Darren Aronofsky

Cast: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson

Durata: 120 minuti

Paese: USA

Distribuzione: 20th Century Fox


Darren Aronofsky è tornato. Il regista autore di lavori che sono rimasti nel recente immaginario cinematografico, si presenta a Venezia con un titolo che ha saputo dividere, far discutere, un film che ha saputo smuovere le coscienze, nel bene e nel male. mother!, scritto in soli cinque giorni (così il regista in conferenza stampa), porta sullo schermo la storia di un lui ed una lei, una narrazione che parte in media res all’interno di una casa aldilà del bosco; lei ha il volto di Jennifer Lawrence, nuova musa dark del cineasta statunitense, lui ha il volto di Javier Bardem. Lei ricostruisce con dedizione ed amore incondizionato la casa di lui, distrutta da un incendio tempo prima. Lui è un poeta in piena crisi creativa che passa le giornate innanzi alla pagina bianca, orfano di quell’ispirazione che lo ha reso celebre presso il grande pubblico. Una visita inaspettata di un misterioso uomo di mezza età (Ed Harris) e della di lui moglie (Michelle Pfeiffer) darà il via ad una escalation di eventi infausti e di un climax di violenze senza precedenti. Un drammatico con evidenti venature horror, che scava nelle coscienze e nelle paure, battendo i percorsi dell’universo onirico, e non poteva che essere questa la scelta del regista che in passato ha regalato lavori quali “Pigreco” e “Requiem for a dream”. Una prima parte madida di riferimenti biblici, da Adamo ed Eva alle vicende di Caino ed Abele, che lascia il posto alla metafora ed ad un crescente tumulto interiore che si fa prima terremoto sotterraneo e poi esplosione di frammenti psicologici e fisici. La carne messa al fuoco è molta: i parallelismi tra la natura e la protagonista del racconto, i rapporti di coppia ed i problemi mai risolti, una riflessione senza compromessi sul ruolo dell’artista e sul fanatismo artistico che sfocia nell’idolatria, l’esoterismo, con un lato oscuro che segue come un’ombra i protagonisti di una vicenda dai tratti frastornanti. La sensazione è quella di un lavoro di sicuro interesse ma che non scava a sufficienza su quanto presentato nella tesi, violentando ed urlando allo spettatore la propria posizione, senza accettare un confronto, uno scambio. Forse non il miglior lungo di Aronofsky ma sicuramente un sasso lanciato nello stagno che fa fischiare, fa applaudire e sa scioccare. Non è forse anche a questo che serve il cinema?

Voto: 3,5 su 5

Il trailer del film:

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