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Recensione: Lo Hobbit – La desolazione di Smaug

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Genere: Fantastico

Regia: Peter Jackson

Cast: Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, Benedict Cumberbatch, Orlando Bloom.

Durata: 161 min.

Distribuzione: Warner Bros.

 

Il secondo capitolo della saga firmata Peter Jackson riprende il viaggio intrapreso da Gandalf, Bilbo e il gruppo di Nani guidati dall’erede al trono Thorin Scudodiquercia verso Erebor, l’antica fortezza di suo padre Thràir da tempo abbandonata. Molte insidie si sovrapporranno ai protagonisti: ragni dall’aspetto mostruoso all’interno del Bosco Atro, orchi assetati di sangue e di vendetta, e soprattutto elfi dall’arco fermo e deciso. Molti forse la ricorderanno come una stirpe generosa e saggia, ma non gli Elfi Silvani del giovane Legolas, i quali provano non poca ostilità e disprezzo verso i nani, tanto da rinchiuderli all’interno del loro regno per timore che questi fossero dei ladri desiderosi della loro ricchezza. Bilbo, grazie all’anello rubato a Gollum e che è in grado di conferirgli l’invisibilità, riesce a scappare dalla cattura e a liberarli dalle loro celle. Ora l’obiettivo è dirigersi verso Pontelagolungo (la Venezia della Terra di Mezzo) e grazie al contrabbandiere Bard, il quale per un ingente somma di denaro scorta la compagnia nella città lagunare, la meta della montagna è sempre più vicina. Giunti alla Montagna Solitaria, ora viene l’ostacolo più difficile: rubare l’Arkengemma, il gioiello che apparteneva all’ultimo re, senza risvegliare il drago Smaug.

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug è certamente riuscito a ingranare la marcia giusta e, rispetto al primo episodio, ha raggiunto un ritmo vicino alla recente trilogia de “Il Signore degli Anelli”. I vari combattimenti tra orchi, nani ed elfi sono resi in maniera egregia da Peter Jackson trasferendo il realismo a combattimenti epici e fantastici. Inoltre la sequenza della battaglia sul fiume del Bosco Atro, dove i Nani sono riusciti a scappare attraverso dei barili di vino, esplicita l’elevata professionalità tecnica del regista nel girare la scena, con inquadrature in prima persona e movimenti di macchina molto accurate. Rispetto al primo film, che aveva lo scopo di introdurre la storia e i vari personaggi, con le loro virtù e le loro paure, nel secondo invece si può intravedere un’evoluzione molto evidente dei vari protagonisti. Bilbo, influenzato dal potere oscuro dell’anello, ha un carattere meno impacciato e più coraggioso rispetto a quando era andato via dalla Contea, mentre Thorin si scopre disposto a sacrificare anche uno dei suoi compagni pur di raggiungere il proprio scopo, mostrando un carattere egoista e irrispettoso verso gli altri. Tuttavia molti punti deboli sono presenti nel film. Uno di questi è l’inserimento all’interno della storia del personaggio di Tauriel. Questa scelta poteva arricchire molto la storia (il libro è di circa 350 pagine) introducendo una variabile che poteva risultare interessante. Ciò non è avvenuto, poiché il personaggio ha aggiunto solamente un possibile intreccio d’amore, appesantendo non di poco la narrazione. Per il resto è un film che vale la pena guardare, soprattutto per la seconda parte, dove l’apparizione di Smaug, il drago avido del denaro reso perfettamente grazie alla computer grafica, e il dialogo fantastico con Bilbo vale tutto il prezzo del biglietto.

Voto: 3,5 su 5

Il trailer del film

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