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Recensione: Le meraviglie

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Genere: drammatico

Regia: Alice Rohrwacher

Cast: Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher, Sabine Timoteo, Agnese Graziani

Durata: 111 minuti

Distribuzione: BIM

Radici, adolescenza, cambiamento. Sono tre temi cardine de “Le meraviglie”, il secondo lungometraggio della regista Alice Rohrwacher. Premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria, il lavoro, girato nelle terre che un tempo furono l’Antica Etruria, parte con una narrazione in media res: il capofamiglia Wolfgang, la moglie Angelica e le figlie che abitano in un casolare immerso nella campagna umbra e che si guadagnano da vivere con la produzione artigianale di miele. Figura centrale della storia è Gelsomina, giovane adolescente e primogenita, introversa e ribelle che, pur crescendo in una realtà rurale, sogna un’altra vita. Il microcosmo rappresentato dalla cineasta trasuda di rapporto stretto con la natura e con la realtà immanente circostante; le stesse figlie di Wolfgang e Angelica hanno nomi che rimandano a questa idea: Gelsomina, Marinella, Luna. La colonna sonora è un grande successo di quegli anni dal titolo niente affatto casuale: “T’appartengo”. Un piccolo mondo al suo crepuscolo, destinato a scomparire dinnanzi al progresso che avanza inesorabile e ad elementi alieni alla realtà bucolica vissuta dalla famiglia di apicoltori a guisa di moderno “panta rei” eracliteo: nuove norme igieniche che impongono spese ed ammodernamento dei locali, Martin, un ragazzo soggetto a rieducazione forzata e una troupe televisiva naif e snob sulle tracce degli Etruschi. È proprio la donna in bianco, Milly Catena che, a dispetto del cognome, incoraggerà la ribellione latente di Gelsomina, fermamente intenzionata a far partecipare la propria famiglia al nuovo reality, per dare nuova linfa ad una routine che scorre tutti i giorni uguale a se stessa. Gli scontri di vedute tra il padre e la figlia dodicenne saranno per gran parte della pellicola il motore trainante della storia. Il tema dell’adolescenza, già trattato con occhio sensibile nel precedente lavoro, “Corpo celeste” (del 2011), torna, ma forse non con la stessa prorompenza. Uno stile asciutto, a tratti documentaristico che passa attraverso gli occhi sognanti di Gelsomina, rendendo a tratti difficile per lo spettatore, discernere tra la dimensione reale e quella onirica.

Voto: 3,5 su 5

Il trailer del film:

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