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Recensione: Doctor Strange

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Genere: Fantascienza

Regia:  Scott Derrickson

Cast: Benedict Cumberbatch, Chiwetel Ejiofor, Mads Mikkelsen, Rachel McAdams, Tilda Swinton

Durata: 130 min.

Distribuzione: Walt Disney

 

Uno dei fumetti più eccentrici di casa Marvel, ideato dal genio di Stan Lee, è stato l’ispiratore letterario dell’ultimo film presentato dai Marvel Studios, necessario tassello nell’universo espanso Marvel connesso (forse) al filone narrativo degli Avengers e a quello dei Guardians of the Galaxy nel prossimo Infinity War, secondo le speranze del regista Kevin Feige. La parabola narrativa del lungometraggio riproduce una struttura classica senza cedere a interpretazioni o devianze dal nucleo originale, descrivendo il cammino di trasformazione di un noto ed arrogante neurologo statunitense che da luminare con le mani fratturate assurge a stregone in grado di riparare il continuum spazio temporale attraversando le innumerevoli dimensioni che compongono l’universo.

Tra i punti di forza si annoverano le interpretazioni di un nutrito cast di attori di prima grandezza, in alcuni casi estranei ai filoni cinematografici superomistici. Benedict Cumberbatch (per tutti Sherlock Holmes), diventato meritatamente uno degli attori più importanti nel panorama hollywoodiano contemporaneo, conduce i fili e traccia simboli mistici nell’aria, non rinunciando al suo inconfondibile eloquio recitativo. La sua figura rimane il polo magnetico di ogni inquadratura, risultando protagonista assoluto anche a livello stilistico. Attorno ruotano i ruoli di tanti attori di indiscutibile talento, da Tilda Swinton a Chiwetel Ejofor, da Rachel McAdams a Mads Mikkelsen. Un cast internazionale che saccheggia senza alcun ritegno interpreti di film d’autore, la cui presenza, dopo un iniziale sconcerto, plasma la credibilità di un film che fonda sulla magia e la manipolazione spontanea di materia ed energia i suoi comandamenti principali, opponendosi al pragmatismo scientifico di Iron Man e degli Avengers, in cui l’universo tecnocratico non viene messo in discussione. L’operazione, seppur rischiosa, è riuscita a delineare i tratti di un personaggio fra i più potenti nell’Universo Marvel, che si potrà inserire a pieno titolo nelle pieghe della nuova saga.

Gli effetti visivi sono il secondo pilastro su cui si struttura il film. Una delle sequenze più affascinanti vede il protagonista sbalzato nell’infinita varietà degli universi che compongono il tessuto del reale, sancendo la presa di coscienza della limitatezza della sua visione del mondo, ancorata alla scienza, che viene scardinata visualmente dalla variopinta immersione in strani mondi, nei quali il corpo e lo spirito di Cumberbatch viene lanciato, modificato, rifratto e moltiplicato per poi tornare all’origine. Il film è uno dei più riusciti nelle produzioni Marvel, che negli ultimi anni sta dando il meglio di sé (almeno a parere di chi scrive) sul piccolo schermo, nelle serie televisive prodotte in partnership con Netflix, mentre al cinema le ultime saghe, da Thor agli Avengers, sono risultate ripetitive e narrativamente scarne. Per i più fedeli seguaci di Stan Lee, attenzione ai titoli di coda: il film offre ben due scene post credit agli spettatori più pazienti.

 

Voto: 3 su 5

 

Il trailer

 

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