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Recensione: La battaglia di Hacksaw Ridge

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Genere: Storico

Regia: Mel Gibson

Cast: Andrew Garfield, Teresa Palmer, Hugo Weaving, Rachel Griffiths, Luke Bracey

Durata: 131 min.

Distribuzione: Eagle Pictures

 

 

 

Non sempre la violenza determina altra violenza. Questa espressione non rappresenta sicuramente il caso di Desmond Doss, ragazzo nato in Virginia e figlio di un veterano di guerra che ha combattuto per il suo Paese durante il primo conflitto mondiale. Desmond, in un tipico gioco infantile, per reazione colpisce il suo fratello con un mattone mandandolo all’ospedale. Questo è l’ultimo atto violento del protagonista, che da lì in poi, seguendo i dogmi della cristianità, decide di non commettere più azioni che mettano a rischio la salute dell’individuo. Tuttavia gli Stati Uniti hanno di nuovo preso le armi in mano e si sono diretti verso il Vecchio Continente a combattere. Desmond decide quindi di seguire le orme del padre, arruolandosi nell’esercito ordinario. Ma c’è un problema: il protagonista si rifiuta di usare il fucile, andando contro (almeno fino a quel momento) l’addestramento e le norme militari che ne prevedono l’insegnamento.

E, alla fine, Desmond non prese il fucile, citando il film di Dalton Trumbo del 1971. Mel Gibson torna nelle sale con un film insolito e allo stesso tempo convenzionale. Insolito per il protagonista, il primo obiettore di coscienza a combattere sul fronte. Convenzionale per lo stile, con una regia pulita e ordinata che utilizza campi medi e panoramiche, e il contenuto che spesso accompagna il cinema di guerra. Il conflitto, con alcune eccezioni di rilievo, viene sempre descritto da una delle parti in causa, mostrando le sue ragioni  e etichettando il nemico o con stereotipi preconfezionati, banali, in grado di esaltare le virtù di chi racconta, o semplicemente omettendolo, come nel caso di questo film, che racconta La battaglia di Hacksaw Ridge. Certamente è difficile raccontare la guerra senza appoggiare direttamente o indirettamente una delle due fazioni. Poche rare occasioni, da Kathryn Bigelow con The Hurt Locker e Zero Dark Thirty, o Clint Eastwood con Lettere da Iwo Jima e Flags of our fathers, sono riuscite a mostrare la crudeltà della guerra attraverso sguardi differenti e con personaggi per nulla cristallizzati, che cambiano con il passare del tempo per via del contatto con la realtà violenta e delle scelte spesso compiute in situazioni critiche.

Nel caso del film di Gibson questa trasformazione avviene solamente con Desmond, che rappresenta non tanto l’ideologia (stancante, ridondante) del sacrificio, della purezza cristiana (o religiosa) e della forza morale che influisce su quella fisica, (elementi che hanno accompagnato numerosi lavori del regista, compreso questo), quanto l’opposizione simbolica alla brutalità della guerra. L’unica parte davvero apprezzabile del film è infatti quella centrale, dove la battaglia entra nel vivo come se fosse uno spettacolo pirotecnico brutale e spietato. Il personaggio interpretato da Andrew Garfield non solo subisce inizialmente la violenza dei suoi compagni per la scelta etica intrapresa, ma si trova a dover salvare delle vite in un contesto che lui ha sempre cercato di scongiurare e che non condivide. È questa contrapposizione di immagini e di ideali a rendere originale questa pellicola, nonostante possegga tutte le pecche più rappresentative di questo genere cinematografico.

Voto: 3 su 5

 

Il trailer

 

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