I migliori film del 2019 (by Mattia)

Come di consueto, vorrei anteporre alla top 10 dell’anno appena terminato, il 2019, qualche premessa per poter meglio comprendere le scelte effettuate nel redigerla.

Per poter stilare la “classifica” dei migliori lavori dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019, si è tenuto conto della data di uscita italiana e non della eventuale data di uscita nel paese di origine: ad esempio il titolo “Gloria Mundi” di Robert Guédiguain, uscito a novembre 2019 nel Paese di origine, ma non ancora distribuito in Italia, esula da un eventuale inserimento nell’elenco.

Non si è tenuto conto dei titoli presentati ai principali festival italiani (Torino, Roma, Venezia) se ancora non sono stati distribuiti in tutte le sale italiche: ad esempio “Jo Jo Rabbit” di Taika Waititi, presentato a Torino36, non rientra nella classifica perché non ancora uscito nelle sale italiane. La top 10 sconta il limite (umano) della visione nelle sale: in altri termini chi ha stilato la classifica ha potuto valutare un certo numero di titoli e non tutto lo scibile cinematografico dell’anno 2019. Confermati anche per il 2019 i film proposti dalla piattaforma Netflix, sempre più protagonista, anche ai Festival.

Infine la ormai consolidata sezione con la sorpresa dell’anno, ossia il film di qualità che non ti saresti aspettato di vedere ed il flop dell’anno, ossia il titolo che le premesse davano come un capolavoro annunciato ma che poi nella realtà ha lasciato un filo di amarezza una volta usciti dalla sala.

IMPORTANTE: i titoli sono 10 ma non sono da leggersi in ordine qualitativo quanto invece in ordine cronologico. Lo scrivente non ha mai amato dilettarsi in discorsi sofistici su quanto un film fosse migliore dell’altro o di quanto il secondo fosse meglio del quarto per questo o quel motivo. La top 10 è dunque da leggersi come un unicum di lavori (i migliori) usciti nel 2019.

Partiamo:

  1. La favorita di Yorgos Lanthimos: il regista di Kynodonthas fa rumore ogni volta che si mette dietro la macchina da presa. Non fa eccezione il dramma in costume ambientato nel 18° secolo con una monumentale Oliva Colman nei panni della Regina Anna; ironia sapida e scenografie sfarzose esaltano prove attoriali memorabili;
  2. The guilty – il colpevole di Gustav Möller: la vita di Asger, agente di polizia confinato al numero di emergenza è sconvolta da una chiamata di una donna che sostiene di essere stata rapita dal marito, manesco e rude soggetto con precedenti penali, ma l’apparenza talvolta cela delle verità inconfessabili. Un dramma girato in tempo reale, senza sosta, senza respiro, con continui colpi di scena, chiusi all’interno di una stanza;
  3. Oro verde – C’era una volta in Colombia di Ciro Guerra e Cristina Gallego: la trasformazione epocale di un popolo attraverso uno sguardo documentarista. Uno sguardo che indaga le dinamiche sociali attraverso il registra del gangster movie, dove vige quotidianamente la legge del più forte. Violenza e calcolo economico sono i due pilastri portanti di una comunità che si evolve a velocità sostenuta;
  4. Ancora un giorno di Raul de la Fuente e Damian Nenow: cosa succede quando due cineasti di talento decidono di portare sullo schermo una grande storia, raccontata da un gigante come Ryszard Kapuściński? Ne esce un capolavoro. Il dramma della guerra in Angola trasposta con grande mestiere per una pellicola necessaria e commovente. Musiche di Willie Peyote;
  5. Dolor y gloria di Pedro Almodovar: il ritorno del cineasta spagnolo demarca un punto di non ritorno per la sua personale vena di narrazione cinematografica. Attraverso il suo ideale alter ego, Antonio Banderas, Almodovar propone il lavoro più sentito, più personale, una pellicola catartica che gli consente di affrontare i demoni del passato e il rapporto con la madre parlando agli spettatori “a cuore aperto”;
  6. Burning di Lee Chang-Dong: dopo una lunga assenza torna al cinema il cineasta coreano, che affascina il pubblico con un complesso ed enigmatico lavoro, tratto dal mondo di Murakami. Un lucido e implacabile ritratto dell’invisibilità del male, un dualismo e uno scontro inevitabile tra archetipi restituiscono una pellicola che non fornisce soluzioni o forse ne fornisce molte;
  7. The irishman di Martin Scorsese: dopo la molte polemiche legate all’universo Marvel, Martino torna a far parlare di sé mettendo a tacere anche il più convinto detrattore. The irishman è una summa del cinema di genere, un gangster movie solidissimo, prodotto da Netflix, che si affida a una collaudata compagine di fuoriclasse: Robert De Niro protagonista, Joe Pesci e Al Pacino ad accompagnare, Thelma Schoonmaker al montaggio. L’ennesimo, incontestabile, capolavoro.
  8. Parasite di Boon Joon-Ho: che il regista coreano avesse talento lo si era già visto in passato, con qualche, estemporanea, ingenuità. Ma Parasite è un lavoro di eccezionale livello, che si è rivelato un fortunato caso anche al botteghino. Una pellicola che lavora su molteplici registri senza tralasciare nulla al caso, creando una magia che molto di rado si vede al cinema. Standing Ovation;
  9. Il paradiso probabilmente di Elia Suleiman: tra Buster Keaton e Jacques Tati, la riflessione surreale del regista palestinese sulla quotidianità che cela un sorriso amaro, tra sketch, dialoghi sull’orlo dell’assurdo chiedendosi “dov’è il luogo che possiamo veramente chiamare casa?”;
  10. Pinocchio di Matteo Garrone: quando il regista romano si approccia ad un nuovo lavoro dà sempre la garanzia di un qualcosa di interessante, di grande, di necessario. Che racconti le vicende del canaro o decida di trasporre una delle fiabe più conosciute non fa differenza. Pinocchio colpisce per la fedeltà al testo originale, per l’attento lavoro di costumi, di ambientazioni, di creazione dei personaggi sullo schermo. Impossibile non amarlo.

Flop: Ad Astra di James Gray

Sorpresa: Dafne di Federico Bondi

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