Recensione: Rush

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Genere: Azione

Regia: Ron Howard

Cast: Daniel Brühl, Chris Hemsworth, Pierfrancesco Favino

Durata: 123 min.

Distribuzione: 01 Distribution

 

E’ difficile spiegare le emozioni che si provano nel guardare Rush. E’ una sensazione strana, difficile da illustrare con le parole. Solo una cosa si capisce all’uscita della sala: l’ingegner Howard ha colto nel segno, perché è riuscito a creare un film vincente, inimitabile, vicino alla perfezione. Per capire questa affermazione, immaginate di investire su una macchina da corsa. Per possedere una macchina vincente ci sono molti elementi da considerare per disporla sulla griglia di partenza: prima di analizzarla, bisogna valutare i punti deboli e i punti di forza della pista, cercando di sfruttare i vantaggi del circuito e diminuire i rischi. Dopo tutto ciò, c’è da sistemare l’auto: c’è bisogno di un motore potente, in grado di bruciare gli altri piloti già all’inizio della gara. Inoltre, le sospensioni, le gomme e il peso dell’autovettura sono fondamentali per la stabilità dell’auto nelle curve più insidiose ad alta velocità. Per finire, c’è bisogno di un grande pilota in grado di sfruttare al meglio l’automobile fino all’ultima goccia di benzina.

In Rush la struttura ingegneristica è pressoché identica. Per creare le ambientazioni del periodo che ha visto protagonisti i piloti più folli della storia della Formula 1, Ron Howard ha dovuto rendere il contesto della vicenda il più possibile attinente al periodo storico. Siamo negli anni 70, dove l’eccesso e l’azzardo sono diventati elementi di una pura formalità. Tutto ciò è stato reso evidente grazie al contrasto di carattere dei protagonisti della storia: Niki Lauda (Daniel Brühl), pilota a orologeria, puntuale in ogni particolare e capace di valutare i rischi, e James Hunt (Chris Hemsworth), pilota più aggressivo e pronto a rischiare il tutto per tutto per vincere. Conosciuti già in Formula 3, i due si sono sempre ritenuti degli avversari da battere ad ogni costo con ogni mezzo disponibile. La vera sfida è avvenuta nel 1976, quando entrambi si trovano ad avere una macchina ufficiale: Lauda, già campione del mondo, corre per la scuderia di Maranello, la Ferrari, mentre Chris approfitta del forfait di un pilota all’ultimo momento per correre con la McLaren. Già dal primo Gran Premio i due campioni si trovano ad affrontare innumerevoli insidie, ma quello che pagherà di più di tutti sarà il pilota austriaco, vittima di un incidente quasi mortale nel circuito del Nürburgring in Germania. In ospedale, Niki ha visto la morte scorrergli davanti agli occhi, ma durante la difficile riabilitazione, nel vedere il suo avversario vincere le gare successive, Lauda decide di tornare a correre, spinto dal desiderio di dargli una lezione e di vincere il suo secondo mondiale. Tutte queste vicende sono state ricreate perfettamente grazie alle interpretazioni autorevoli dei protagonisti della storia e a una sceneggiatura lineare ed equilibrata al punto giusto, trattando sia la parte puramente adrenalinica delle corse, sia il rapporto instabile tra i due personaggi. Non c’è bisogno di presentazioni per Ron Howard. È lui il vero pilota della corsa. È riuscito a mischiare la storia con uno stile epico, a intrecciare lo stile documentaristico con quello cinematografico, riproducendo le corse realisticamente senza tralasciare nulla al caso. Il pubblico, grazie alle inquadrature in primo piano sui protagonisti e al rumore possente dei motori (in particolare alla partenza) si è immedesimato nei personaggi, condividendo ogni aspetto psicologico le loro emozioni e le loro paure. Per una volta, lo spettatore può affermare di essere stato un vero pilota di Formula 1.

Voto: 4,5 su 5

Il Trailer del film

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