Recensione: Sacro Gra

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Genere: documentario

Regia: Gianfranco Rosi

Durata: 93 minuti

Distribuzione: Officine UBU

 

 

Rosi si è presentato alla 70ma Mostra di Arte Cinematografica di Venezia spezzando alcune convenzioni e molte convinzioni. Dopo migliaia di ore di riprese, dopo una paziente opera di cernita del materiale migliore, il documentario confezionato dal cineasta di Asmara ha vinto a Venezia, non senza qualche dissenso ed anche la critica, oltre al pubblico si è divisa. Il Leone d’oro è tornato in Italia dopo quell’ultimo premio che fu di Amelio con “Così ridevano”. Rosi ci porta nelle immediate vicinanze del Grande Raccordo Anulare, costruzione di asfalto che circonda e racchiude Roma, lingua circolare di strada che collega tutto ma che non porta a niente. Ed è così che il regista si cala in media res, all’ombra del GRA, narrando con fare poco documentaristico e molto cinematografico le eterogenee esistenze che popolano la periferia romana con movimenti di macchina lenti, dialoghi essenziali, passando senza alcuna soluzione di continuità da un episodio ad un altro. I punti di vista sono molteplici e vengono presentati al pubblico in modo neutro, quasi asettico, come se fosse lo spettatore stesso a dover o a poter assumere una posizione a riguardo di ciò che vede. Il Grande Raccordo diventa quindi un mero pretesto per parlare del sottobosco umano, tanto diverso e tanto contradditorio ma intimamente reale o per lo meno verosimile. Gli episodi e i protagonisti sono i più differenti; si va da un esperto botanico che combatte quotidianamente il punteruolo rosso per la sopravvivenza delle palme ad un pescatore di anguille, da alcune prostitute transessuali a nobili decaduti e non, in cerca di senso. Nella eterogeneità delle vicende il denominatore è uno soltanto: Sacro GRA assurge a metafora della nostra epoca contemporanea, fatta di solitudine, di incomunicabilità, di paradossi e di mancanza endemica di valori, di caricature e di amare verità, dell’impossibilità di discernere il vero dal plausibile. Un film che ha diviso e continuerà a farlo; alla critica è piaciuto, al pubblico meno, ma si tratta di un’opera che possiede qualità non comuni. Il Senso e la continua ricerca di esso, da parte del regista e della stessa macchina da presa, si insinua continuamente sullo schermo. Una pellicola lenta ma che dà la possibilità di mettere a fuoco le numerose allegorie proposte dalla regia.

Voto: 3 su 5

Il trailer del film:

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