Recensione: Warcraft – L’inizio

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Genere: Fantasy

Regia: Duncan Jones

Cast: Travis Fimmel, Paula Patton, Ben Foster, Toby Kebbell, Dominic Cooper.

Durata: 123 min.

Distribuzione: Universal Pictures

 

 

 

Nel panorama produttivo americano la traduzione cinematografica di saghe videoludiche è un fenomeno ricorrente, che negli ultimi anni ha assunto una consistenza rilevante, evidenziando una progressiva contaminazione di linguaggio tra i due media. L’ultimo e più evidente caso è lo schizofrenico Hardcore Henry (Hardcore!, 2015), di Ilya Naishuller, in cui un’insistente soggettiva incarna un pretestuoso e interminabile paradigma stilistico in grado di accostare lo sguardo dell’obiettivo alla visuale di un gamer. Programmato per il 2017, l’adattamento cinematografico della saga di Assassin’s Creed vedrà come protagonisti gli attori Michael Fassbender e Marion Cotillard, all’interno di una produzione hollywoodiana ad alto budget, ma non si contano i progetti di trasposizione su pellicola di videogiochi previsti per l’immediato futuro.

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L’ultima uscita in sala è Warcraft (Warcraft – L’inizio, 2016) tratto dal primo capitolo dell’omonima saga videoludica ad ambientazione fantasy, che costituisce la prima parte di una trilogia ambientata nel mondo di Azeroth, minacciato dall’invasione di un’orda di orchi in cerca di territori fertili in cui stanziarsi. Il vasto impiego di effetti speciali digitali, forniti dall’Industrial Light & Magic di Lucas, e la contaminazione tra performance capture e live action nella messa in scena costituiscono i pilastri del lungometraggio. La trama di chiara ispirazione tolkeniana si sofferma sulla tematica dello scontro tra razze differenti per l’utilizzo di risorse naturali, ma non approfondisce alcuno spunto narrativo possibile, limitandosi a mostrare allo spettatore il contenuto della pur ricca componente visiva.

Nel film diretto da Duncan Jones il confine tra reale e digitale diventa sempre più evanescente: il contrasto tra la recitazione degli attori in carne ed ossa e quella ricreata in digitale a partire dalle movenze e mimiche facciali degli attori si confondono con sorprendente e paradossale efficacia. In alcuni casi le creature digitali sono più credibili degli attori stessi, spingendoci a riflettere sull’evoluzione del ruolo dell’attore nel futuro delle produzioni di ispirazione fumettistica o videoludica. La carne diventerà solo un veicolo per un simulacro digitale, in grado di ricalcare le espressione dell’essere umano, o rimarrà al centro della macchina da presa?

Voto: 2 su 5

Il Trailer:

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