Recensione: The Lone Ranger

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Genere: Avventura/Western

Regia: Gore Verbinski

Cast: Jonny Depp, Armie Hammer, Helena Bonham Carter, Ruth Wilson

Durata: 149 min.

Distribuzione: Walt Disney Pictrures

 

 

John Reid (Armie Hammer), acclamato uomo di legge, ha un solo obiettivo: giustizia. Ma non è la giustizia tipica del vecchio west basata sul fai da te. Il suo scopo è di avviare un giusto processo fondato sulla legge e sul diritto che ogni stato liberale deve garantire. Quello che non sa è che non tutti la pensano come lui, in particolar modo suo fratello Dan, texas ranger pronto a combattere con le stesse armi usate dai malviventi per proteggere i suoi abitanti. Durante una spedizione per consegnare al giudice il pluriricercato Butch Cavendish, qualcosa va storto: in un’imboscata la compagnia dei ranger viene uccisa dalla sua banda, ma l’unico a sopravvivere è John, salvato all’estremo da Tonto, un indiano alquanto bizzarro che lo accompagnerà in una avventura mozzafiato con l’intento di scoprire chi lo ha tradito e di giustiziare Cavendish, colui che ha provocato la morte di suo fratello.

Gore Verbinski torna dietro la macchina da presa dopo aver diretto (davanti allo schermo di un computer) Rango, vincitore nel 2012 del premio Oscar come miglior film di animazione. E lo ha fatto con un film per niente conforme ai suoi precedenti lavori, nonostante il personaggio di Tonto e il trailer lo presentassero come una adattazione de I Pirati dei Caraibi all’interno dello scenario del selvaggio West (c’è chi lo ha addirittura definito “I cowboy dei Caraibi”). Purtroppo le scelte di marketing della Disney non hanno reso giustizia al film della coppia Verbinski-Depp, e lo si può constatare dagli incassi miseri negli Stati Uniti, superato, e non di poco, dal cartone firmato Dreamworks Cattivissimo Me 2. Se è vero che le somiglianze sono visibili, dall’aspetto fisico di Tonto che si accosta molto a Jack Sparrow alle scene (spettacolari) della lotta sopra al treno tra la banda e i due eroi che si avvicinano agli scontri tra i pirati sopra gli alberi a vela, in The Lone Ranger ci sono molti elementi innovativi. Innanzitutto le citazioni: all’interno del film si passa dalle scene tipiche dello spaghetti western, passando dallo stile di Sergio Leone e di Corbucci a quelle classiche di John Ford. Naturalmente non raggiunge il livello che Tarantino ha fissato quest’anno con Django Unchained: in entrambi i film si nota un mix tra violenza e senso di humour, anche se sinceramente nel film di Verbinski manca in alcuni tratti del ritmo tipico del western anni 60. Per ultimo, il personaggio di Depp, Tonto, presenta alcune caratteristiche che lo allontanano dal pirata strambo che conosciamo, anche se l’imprevedibilità e originalità sono caratteri che, grazie alla notevole capacità dell’attore, oscurano la presenza degli altri soggetti, rendendolo il vero protagonista della storia. Narratore del racconto, rappresenta il collegamento tra presente e passato, tra la realtà e la leggenda tramandata del Cavaliere Solitario. Stessa contrapposizione si intravvede nello scenario attorno ai due protagonisti. Da una parte la prosperità e la crescita di un paese sempre più industrializzato, dall’altra la corruzione, la sete di potere, il prezzo che l’uomo è disposto a pagare per raggiungere il progresso e il successo.

Voto: 3,5 su 5 *

* il mezzo voto va a Jonny Depp

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. The Lone Ranger ha detto:

    Secondo me è una pellicola che colpisce sotto il profilo degli effetti speciali, ma tradisce dal punto di vista di una trama un po’ banale. Johnny Depp pare il Jack Sparrow di Pirati dei Caraibi, soltanto più serio.

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    1. Riccardo227 ha detto:

      In un certo senso hai ragione. La trama non è così complessa come in altri film d’avventura. Ricordiamoci però che nemmeno “I Pirati dei Caraibi” (io considero la trilogia di Verbinski) possiedono una ricca narrazione, proprio perchè sono diretti a un pubblico vasto. Per quanto riguarda Tonto, dietro di lui c’è una storia che ti spiega il motivo per cui l’indiano si comporti in quella maniera: si trova in un mondo a se stante, si sente alienato ed emarginato dal gruppo e si sente in colpa per l’errore che ha commesso. Questo secondo me è un passo in più rispetto a Jack Sparrow.

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  2. Corrado ha detto:

    In realtà da un certo punto di vista, tutto, ma davvero tutto, potrebbe essere solo la favola di un vecchio indiano fuori dal suo tempo che vuol raccontare la fine del suo popolo a un bambino appassionato del LONE RANGER. Allora ogni semplificazione, incongruenza e banalità assume un aspetto differente e diventa funzionale alla narrazione.

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