Recensione: Cose Nostre – Malavita

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Genere: Thriller

Regia: Luc Besson

Cast: Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones

Durata: 111 min.

Distribuzione: Eagle Pictures

 

 

Dopo essersi cimentato nel campo dell’animazione digitale (la trilogia di Arthur), Luc Besson torna a raccontare una storia criminale. In particolare, il regista francese narra le avventure della famiglia Manzoni, che in comune con il famoso scrittore italiano ha solamente il cognome. Dopo essersi pentito e aiutato la Cia a catturare gran parte della cosca alla quale apparteneva, Giovanni (Robert De Niro) è costretto assieme alla sua famiglia a nascondersi in Normandia grazie al programma protezione testimoni. Fino a qui sembrerebbe filare tutto per il meglio. Peccato che la famiglia Manzoni (che per l’occasione assumerà l’identità della famiglia Blake) non abbia un carattere semplice da gestire. Il capo famiglia possiede una personalità esuberante, aggressiva, che in molti casi non riesce a controllarla (e nel film gli esempi non mancano). I figli Warren (John D’Leo) e Belle (Dianna Agron) difficilmente riescono a integrarsi nelle nuove scuole e molto spesso (anche troppo) si mettono nei guai, infrangendo le regole scolastiche o entrando in conflitto con i propri compagni di classe. La moglie Maggie (Michelle Pfiffer) dovrebbe avere il compito di gestire la famiglia, ma non sempre ci riesce, poiché la sua natura impetuosa e passionale non si discosta di molto da quello del marito, cadendo anche lei abitualmente nell’errore. Nel complesso, rappresenta pienamente la tipica famiglia criminale italoamericana. Purtroppo per loro i problemi non finiscono qui, dal momento che il clan di Cosa Nostra riesce a individuare la loro posizione, e per i Blake e per l’agente Quintiliani (Tommy Lee Jones)  la situazione si complica.

Tratto dal romanzo di Tonino Benacquista, Cose Nostre – Malavita descrive, alternando l’ironia con la drammaticità, un lato della vita criminale poco raccontata dal cinema, descrivendo un uomo in continua decadenza che cerca di dare un senso alla sua vita dopo una scelta così ardua e coraggiosa. Il continuo contrasto tra il passato e il presente attraverso l’uso del flashback evidenzia un enorme problema esistenziale: se prima Giovanni era una persona rispettata, potente, sicura di sé, ora tutte queste certezze sono svanite nel nulla: ha perso la libertà, la fiducia in se stesso, e questo è visibile sia dal tipo di abbigliamento che dal punto di vista estetico (la folta barba che copre interamente il viso). La scoperta di una vecchia macchina da scrivere riaccende le speranze del protagonista, che senza freni inizia a scrivere le proprie memorie mettendo a nudo la sua carriera da boss della malavita. Inoltre il regista di Léon ha cercato di utilizzare uno stile sarcastico per raccontare il conflitto interno ed esterno che coinvolge la famiglia Manzoni. In parte ci riesce (soprattutto nella prima fase), ma con il passare del tempo questo sembra appesantire il racconto che si dimostra in certi punti debole. Per il resto la regia e la fotografia sono molto accurate e la citazione del film “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese è stata geniale. Le interpretazioni di Robert De Niro e di Michelle Pfeiffer sono fuori discussione, regalandoci alcune scene davvero memorabili.

Voto: 3 su 5

Il trailer del film

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