Recensione: Guy and Madeline on a Park Bench

guy-and-madeline-on-a-park-benchGenere: Dramamtico

Regia: Damien Chazelle

Cast: Bernard Chazelle, Desiree Garcia, Frank Garvin, Eli Gerstenlauer, Jason Palmer

Durata: 82 min.

Anno: 2009

 

 

 

Guy e Madeline sono due fidanzati con la passione per la musica. A Boston, la loro città, spesso bazzicano per i locali jazz della zona, dove dialogano letteralmente ed esprimono il loro istinto musicale attraverso il suono proveniente dai loro strumenti. Un giorno però il ragazzo, di ritorno a casa, conosce in metro una giovane donna, Elena, per la quale prova qualcosa di forte, un sentimento che non aveva provato fino ad ora. Madeline allora decide di abbandonare l’appartamento di Guy e corre a New York per cercare un nuovo lavoro e, se il fato lo prevede, un nuovo amore.

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Prima di La La Land, di Whiplash, se si vuole davvero conoscere la bravura di un giovane Damien Chazelle, Guy and Madeline on a Park Bench è il film perfetto per comprendere in ogni sua sfumatura la cultura cinematografica di questo regista. Rappresenta l’opera prima dell’autore americano, ma già qui ci si cimenta in alcuni indizi che ci portano a descrivere in toto  le sue conoscenze in campo sia musicale che su pellicola. La sua fissazione per il jazz, il genere libero da ogni tipo di schema e con il quale è possibile improvvisare e sperimentare qualcosa di nuovo e di creativo, rientra proprio in questo film che, per mezzo della colonna sonora di Justin Hurwitz, vuole essere un atto liberatorio di fronte a molti ostacoli o muri che spesso ci prefiggiamo di costruire per paura o per agevolare la routine quotidiana. Il suono che proviene dalla tromba del protagonista, dalla batteria o dalla voce della ragazza, sono sia un segnale di ribellione verso i tradizionali schemi della vita, sia un impegno da parte dei personaggi di voler lasciare un segno individuale e unico nel tempo.

Un altro aspetto, che compare solo qui mentre lentamente scivola nelle opere successive dell’autore, è l’omaggio a uno dei correnti innovativi che hanno saputo rompere con il passato. La Nouvelle Vauge, con Godard, compare in questo film principalmente sia nella forma che nel contenuto. La scrittura non segue il semplice principio causa-effetto, perché gli eventi che accadono in questo lungometraggio sono scollegati e non seguono un iter lineare. Succedono così perché la vita non segue nessuna formula o spartito, dagli sguardi al tocco con la mano di Guy in metropolitana con la giovane Elena. Inoltre lo stile del regista rimanda a quel periodo storico, dalla telecamera in spalla ai movimenti irregolari della macchina sulla messa in scena, lontano dal dinamismo del montaggio che si vede sia in Whiplash che in La La Land. Non c’è solo questo. Nel film è visibile l’omaggio al musical e ai classici hollywoodiani, grazie alle canzoni davvero impressionanti scritte dallo stesso autore, oltre al già citato riferimento ai grandi della musica jazz amplificato all’estremo nel suo lungometraggio successivo. Guy and Madeline on a Park Bench è un ottimo esordio di Damien Chazelle, un film nel quale è già percettibile il talento e la cura di un regista che possiede tutti i mezzi necessari a diventare un grande del cinema. E, dai fatti, lo ha già dimostrato.

 

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