Recensione: The Shape of Water

Genere: Fantascienza

Regia: Guillermo Del Toro

Cast: Sally Hawkins, Michael Shannon, Doug Jones, Lauren Lee Smith, Michael Stuhlbar

Durata: 119 min.

Distribuzione: Fox Searchlight

 

 

 

Elise non conosce lo sconforto. Come ogni giornata, si sveglia, fa colazione a base di uova, e va al lavoro in  pulendo le sporcizie dei presuntuosi scienziati americani, che, nonostante il loro quoziente intellettivo raggiunga le vette lunari, non sono capaci di centrare il bersaglio sulla tavolozza del bagno. È in pratica il dilemma di ogni uomo, la donna lo sa molto bene. Ma Elise non se ne preoccupa affatto, perchè i problemi sono ben altri. La ragazza infatti non parla, dopo che l’incidente in età infantile le ha privato essenzialmente la capacità di comunicare. Fortunatamente non è sola, perchè vive in un delizioso appartamento assieme a un’aspirante artista di nome Giles, un palazzo che si trova sopra a un romantico cinema di quartiere. Qualcosa improvvisamente cambia, quando durante degli esperimenti in laboratorio si trova dinanzi a una strana creatura antropomorfa. Un dio, un pesce, un mostro. Sono espressioni che alla giovane non interessano, perchè immediatamente sente che c’è dell’affinità tra loro, date le esperienze comuni e i giudizi esterni fin troppo umilianti.


The Shape of Water rispecchia l’abbruttimento dell’uomo di fronte alle difficoltà e alle differenze. Guillermo Del Toro con estrema delicatezza e con cuore riesce ad affrontare tematiche di forte attualità usando la fiaba, una tecnica narrativa che viene usata per rendere più dolce una storia dai tratti brutali e spietati. Non a caso si è scelto un periodo di instabilità non solo politica, come la guerra fredda che vede Stati Uniti e Russia in una silenziosa lotta per il potere. Si citano i primi passaggi in orbita del primo satellite russo, e della corsa americana nel raggiungere risultati maggiori rispetto agli avversari. Ed ecco quindi la cattura di un essere sconosciuto travato in Sud America, venerato dagli indigeni come una divinità. Si sa che ai cittadini a stelle e strisce questa concezione è fallace, perchè, citando un passaggio del film, l’unico ad avvicinarsi a Dio è l’uomo. Se poi ci aggiungi la presunzione e l’ego di uno yankee, allora ecco che il cerchio si restringe alla persona stessa, in questo caso al superbo Strikland, interpretato da Micheal “Iceman” Shannon.

Gli anni ’60 raffigurano anche il periodo di rivoluzione culturale, quando finalmente le barriere innalzate per allontanare dalla società chi è diverso iniziano a scricchiolare, e anche quest’opera di Del Toro non vuole essere da meno, descrivendo con accuratezza dei personaggi che hanno solo una percezione differente della realtà. C’è il tema dell’omosessualità, che costringe Giles a celarsi dietro se stesso (in una sequenza afferma che dinanzi allo specchio vede solo i suoi occhi). C’è la disabilità, che mette in cattiva luce Elise e la sua impossibilità di emettere suoni, tanto da essere presa di mira dalle stesse colleghe del laboratorio. Ed è qui che entra in gioco la passione e la caparbietà di Del Toro nel difendere e valorizzare quelle che inizialmente possono sembrare delle condizioni avverse. Utilizzando l’assenza della forma tipica dell’acqua, l’autore ci mostra come lì dentro tutto si trasforma, rendendo più volubili e malleabili quelle categorie e quelle distinzioni che la comunità ha impiantato nella mente dell’individuo e che si consideria vera e imprescindibile. Il liquido polverizza gli scontri, rende meno accentuati gli estremi, perchè la visione si focalizza sugli aspetti comuni e profondi. Non si ferma in superficie, ma è possibile approfondire cosa c’è sotto, oltre al suono che ciascuno sente e oltre la pelle che ognuno vede. The Shape of Water è quindi un racconto romantico autentico e di spessore, senza artifizi illusori usati in molti film per semplificarne la visione. Un’opera speciale e sensibile che trova sin da subito armonia e equilibrio.

Voto: 4 su 5

Il trailer

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