Recensione: Mountain Cry

Mountain CryGenere: Drammatico

Regia:  Larry Yang

Cast: Yueting Lang, Wang Ziyi, Jin Guo, Taishen Cheng, Ailei Yu

Durata: 107 min.

Nazione: Cina

 

 

 

Speciale #FEFF18

In un piccolo paese sperduto dello Shanxi la tranquillità regna sovrana. Totalmente isolati dall’esterno, la comunità ha instaurato un ordine gerarchico, nel quale gli anziani decidono direttamente sulla sorte dell’intero gruppo, pur con qualche difficoltà a mantenere il controllo e a stanare le tensioni interne del paese. A portare ulteriore instabilità è l’arrivo di La Hong e la sua famiglia. Non passano giorni senza i maltrattamenti continui e la violenza carnale dell’uomo sulla moglie muta Hong Xia, la quale non trova alcun sostegno sull’intera popolazione. Han Chong è invece un ragazzo spensierato e incosciente, visto il rischio che prende ogni giorno nel mettere delle trappole per catturare degli animali selvatici lungo la foresta. Sarà proprio quella trappola a determinare l’avvicinamento tra Hong e Han, il quale dovrà prendersi cura dell’intera famiglia colpita dal lutto improvviso.

mountain_cry

C’è molto da dire su Mountain Cry, l’ultimo film di Larry Yang. La pellicola già dall’inizio ci proietta in un mondo idilliaco a noi sconosciuto, quasi fosse a contatto con la mente e la fantasia dell’autore. I paesaggi di montagna, aiutati dai campi lunghi e da riprese dall’alto, ci catapultano in un luogo surreale, immaginario, o perché no, invisibile. In quel posto vive una comunità completamente lontana dal progresso e dal tempo che scorre. Se non fosse per alcune scritte inserite, è come se il mondo in quel territorio si fosse fermato, lasciando il movimento solo ai suoi abitanti. Il distacco e la mancanza di una guida e di regole condivise (nel film viene sottolineato la mancanza del capo, sostituito da uno temporaneo), segnano proprio come lì, in quel posto dimenticato da tutti, il vivere in comune sia mantenuta a stento in equilibrio.  Ed è proprio in questo contesto che le vicende vengono raccontate. La giovane Hong Xia è sola, isolata da tutti e costretta a subire la brutalità del marito che dura da anni, senza fiatare e senza dire una parola. Il fatto particolare che la donna viene privata del linguaggio è un elemento che avvalora e rende più struggente la sua condizione, ma non è determinante per la storia. Anche se fosse possibile parlare, chiedere aiuto ai vicini, nessuno del luogo la sentirebbe, spinto dall’omertà, dall’indifferenza e dalla malignità di molti abitanti. Soltanto il pubblico conosce la vita di Hong, aiutati dal flashback dove emerge nettamente la violenza psicologica, oltre che carnale, che la ragazza ha dovuto patire. Non solo la donna deve lottare per riavere la parola, ma deve combattere contro l’intolleranza di chi sin da subito l’ha chiusa in gabbia, impedendole la libertà. Un confitto non solo interiore ma che riguarda il diritto della donna di esistere, di non rimanere nascosta e invisibile agli occhi di chi la osserva. Oltre a questo, il film acquista un valore notevole anche dal punto di vista estetico-formale. La fotografia rende giustizia all’ambientazione mozzafiato nella quale la storia si svolge, oltre ad alcune scelte di regia accurate e ben orchestrate da Yang. In più l’interpretazione di Yueting Lang rimane ancora impresso nella mente, segno che il suo personaggio ha lasciato qualcosa di indelebile nel cuore e nell’occhio di chi vive la sua storia. Si spera davvero che Mountain Cry trovi un piccolo spazio nei cinema nostrani, visto il valore estetico e di contenuto che questo film propone. Una pellicola che sorprende su ogni fronte.

Voto: 4 su 5

Il trailer

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