S is For Stanley – il racconto di uno degli amici del regista inglese

Di documentari sul grande Kubrick se ne sono visti parecchi. Dalle analisi dei suoi film più celebri al significato di ogni singola sequenza, critici, giornalisti ed esperti di cinema hanno saputo raccontare un cinema ormai lontano da quello odierno. Pensate alle inquadrature di 2001 Odissea nello spazio, da molti ritenuto un film “palloso” (scusate il termine) per la staticità della messa in scena, unite poi da un montaggio per nulla dinamico come i film di oggi mostrano al proprio pubblico. Tutto questo però ha dato prova che Kubrick riusciva a far parlare le immagini senza che ci sia bisogno di un dialogo prolisso in grado di spiegare che cosa stava succedendo nella scena. Il suo cinema, in molti casi, era un cinema espressivo, dove l’estetica prendeva il posto della parola e della narrazione nel suo complesso. Non servivano spiegazioni ulteriori, perché la messa in scena ti metteva nelle condizioni di comprendere ogni aspetto della pellicola, dall’evoluzione dei personaggi all’ambientazione suggestiva e surreale dei suoi filmo.

Ma se fosse uno dei suoi amici più cari a raccontare la vista del grande maestro inglese?  “S is for Stanley – Trent’anni al volante per Stanley Kubrick” film vincitore del David di Donatello 2016 e diretto da Alex Infascelli, ripercorre grazie alla testimonianza di Emilio D’Alessandro – ex pilota di d’auto da corsa italiano e amico del regista – i trent’anni di vita dell’uomo, trent’anni vissuti al fianco di Kubrick.

“Ho sentito parlare di Emilio D’Alessandro durante un’intervista alla moglie di Kubrick, – ha spiegato il regista – poi ho letto la sua storia e mi ha talmente folgorato che ho voluto essere io a imprimerla a futura memoria. È stato un viaggio bellissimo che mi ha avvicinato alla personalità incredibile di due uomini: uno di cui credevo di sapere tutto e in realtà non sapevo niente; un altro di cui non sapevo nulla e che mi ha lasciato a bocca aperta con la sua storia”.

Emilio D’Alessandro conosce Stanley Kubrick nel 1971, per caso, quasi un gioco del destino. Inizialmente, il pilota divenne autista personale del regista ma presto nacque un’amicizia durata trent’anni, come sottolinea il titolo del film, e cinque capolavori cinematografici. Il legame profondo tra i due è testimoniato per sempre anche in alcuni film di Kubrick. Nel 1999, infatti, il cineasta fece una serie di omaggi a D’Alessandro nel suo ultimo film, “Eyes Wide Shut”, dove lo fece recitare in un cameo, poi diede il suo nome al bar in cui si reca Tom Cruise e “assunse” la moglie e la figlia Marisa come comparse. Un rapporto che, quindi, è diventato di grande confidenza, con un Kubrick geniale e generoso ma anche esigente, ansioso e possessivo. A raccontarlo lo stesso Emilio, insieme a foto, decine di messaggi che gli ha scritto negli anni il regista e i tanti oggetti regalati a D’Alessandro, come la giacca militare di Kubrick o i tappeti dell’albergo di “Shining”, che lui ha in salotto.

Documentari di questo genere, oltre ad essere visti, sono documenti assolutamente imperdibili per conoscere a fondo le vite degli autori. Il film sarà nelle sale il 30 e 31 maggio.

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