Recensione: In guerra per amore

in-guerra-per-amoreGenere: Commedia/Drammatico

Regia:  Pierfrancesco Diliberto

Cast: Pierfrancesco Diliberto, Andrea Di Stefano, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, Miriam Leone

Durata: 99 min.

Distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

Arturo e Flora sono due giovani ragazzi che si amano alla follia. Vivono a New York, la città americana che ha accolto migliaia di emigranti dal Bel Paese in cerca di fortuna. Il loro desiderio è comunque uno: sposarsi. Lo vogliono a tutti i costi, ma un grosso problema si intromette nella relazione tra i due, una proposta di matrimonio impossibile da rifiutare. Carmelo, il figlio di uno delle più fedeli spalle di Lucky Luciano, chiede la mano al padre di Flora, che, senza l’approvazione della figlia, accetta senza battere ciglio. Avere come suocero uno dei più influenti rappresentanti di Luciano farebbe molto comodo agli affari, con un notevole cambiamento sociale all’orizzonte. Dello stesso avviso non è sicuramente la futura sposa, che cerca in tutti i modi di ritardare i preparativi. L’unico modo di bloccare l’intero matrimonio è di chiedere l’autorizzazione di sposare Flora a suo padre. C’è però un “piccolo” inghippo. Come ironicamente il povero Arturo afferma, “C’è solo la seconda guerra mondiale in corso”, ma questo non lo fermerà. Si arruola e parte per la Sicilia, a Crisafullo, la città dove vive la famiglia della sua amata.

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“Che cosa non si fa per amore?”. Questa frase di circostanza, retorica, astratta, è in realtà il vero perno che collega le varie vicende del secondo film di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif. Dopo il grandissimo (e meritato) successo de La Mafia uccide solo d’estateIn guerra per amore doveva essere la conferma del valore non solo tecnico del regista. Pif è da sempre in prima linea per quanto riguarda il racconto dell’infiltrazione mafiosa nelle nostre vite. Già prima di entrare nel cinema, con Il Testimone ha saputo raccontare il disagio e le reazioni di alcuni personaggi di fronte all’estensione a macchia d’olio della criminalità organizzata nel nostro paese (dall’associazione “Addio Pizzo” all’intervista allo scrittore Roberto Saviano). Ora tutte questi aspetti si sono incanalati per mezzo della pellicola, raccontando la società italiana con lo strumento della finzione cinematografica. Portando in scena lo sbarco degli americani, così come il primo illustrava il punto di maggiore esposizione della mafia con le stragi degli ultimi decenni del Novecento, il regista ci mostra come anche la vita del singolo sia stata condizionata dagli eventi più grandi di lui. Da questo punto di vista, le due narrazioni coincidono, seppur in un contesto lontano 50 anni l’uno dall’altro.

Flora è l’oggetto del desiderio di Arturo, che si spingerà oltre l’ostacolo pur di raggiungere l’obiettivo di conquistarla (che sia quello di diventare giornalista per intervistare Salvo Lima o attraversare l’oceano e combattere la guerra contro il nazi-fascismo). Ma il fatto davvero sconcertante è che in entrambi i casi è l’ingenuità di fronte agli eventi ad accecare la vista del protagonista. Cosa gli importa che Lima abbia rapporti con la mafia, che importa che in quelle stanze il governo degli Stati Uniti ci sia stata la “trattativa” con Cosa Nostra per liberare l’Italia dalla dittatura per instaurarne un’altra altrettanto spietata, perché lo scopo di Arturo era un altro. Il pubblico non può non immedesimarsi nel protagonista, che solo di fronte alla tragedia comprende quanto in realtà sia importante lo sfondo che ruota intorno a lui, dalle piccole comparse dei picciotti del boss di Crisafullo al piccolo ragazzino che crede che gli asini volano davvero perché lo ha visto di fronte alla sua finestra. In tutto ciò non possiamo essere esenti da sensazioni contrastanti, perché oltre alla risata di certe situazioni paradossali tipiche del genere slapstick, Pif improvvisamente aggiunge nel film la drammaticità della guerra e le sue inevitabili conseguenze. Per questa ragione, alla domanda lasciata in sospeso se In guerra per Amore rappresenti la conferma della sua capacità di racconto della realtà storica, la risposta non può che essere affermativa, perché anche in questo caso, oltre all’amaro in bocca per quello e al beffeggio nei confronti della Mafia, è riuscito nell’intento di portare nelle sale un film fortemente informativo che può essere utile per rileggere la storia con una chiave diversa da quella usata in età scolastica. In poche parole: formativo, originale.

 

Voto: 4 su 5

 

Il trailer

L’incontro con l’autore

 

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