Recensione: Rogue One: A Star Wars Story

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Genere: Fantascienza

Regista: Gareth Edwards

Interpreti: Felicity Jones, Diego Luna, Mads Mikkelsen, Forest Whitaker, Alan Tudyk

Durata: 133 minuti

Distribuzione: Walt Disney

 

In tempi di sequel, remake, reboot e spin-off di saghe e franchise cinematografici, che rappresentano la principale risorsa produttiva hollywoodiana in termini di budget e investimenti, Rogue One di Gareth Edwards si inserisce a pieno titolo in un panorama creativo per noi familiare, anche se spesso deludente. La saga di Star Wars e le sue prolifiche commercializzazioni sono passate al lato oscuro della Disney da pochi anni, ma l’ultimo nato nell’ex Lucas Factory è un film sorprendente.

Perché non sarà un altro generatore di sequel.

Perché ha uno sviluppo narrativo molto più cupo della saga che conosciamo.

Perché i jedi, la forza e derivati sono un lontano ricordo nella galassia di Rogue One.

Il film è un punto di collegamento fra La vendetta dei Sith e Una nuova speranza, e segue fughe e movimenti imperterriti di Jyn Erso, figlia dell’ingegnere a capo della progettazione e realizzazione della Morte Nera e membro coatto della Ribellione. La scelta del cast è sicuramente d’eccezione, da Mads Mikkelsen a Forest Whitaker, gli interpreti provengono da un cinema molto diverso, autoriale, utilizzando le proprie doti drammatiche al servizio di una saga che è diventata un punto di arrivo più che un trampolino di lancio per gli attori. Gli omaggi e gli affettuosi camei dedicati alla trilogia originale sono numerosi (“stai attento a te”) ma questo film ne è malinconicamente distante. Nonostante l’afflato finale il film si snoda attraverso un racconto in cui si presagisce l’emergere di un universo distopico.

Rogue One: A Star Wars Story (Donnie Yen) Ph: Film Frame ©Lucasfilm LFL

Gli eroi del racconto e i mondi che attraversano sono consapevoli dell’annientamento a cui la galassia è prossima. Un annientamento materico, generato da un’arma dalle apocalittiche applicazioni, ma anche morale. Gli (anti)eroi del film sono sicari, complici, colpevoli. L’unico in grado di percepire la forza, la vita oltre la materia è ironicamente un uomo cieco, condannato all’oscurità dai propri sensi, in un mondo deserto che viene smembrato pezzo dopo pezzo. La fotografia curata da Greig Fraser rivela il desiderio di distanziare l’estetica del primo spin-off di Star Wars, facendo prevalere i toni del grigio, dell’ocra e del verde. I paesaggi islandesi nella sequenza iniziale sono uno degli incipit più riusciti nella saga di Star Wars e i passi dei Death Troopers scandiscono lentamente il ritmo della fine di un’epoca. Rogue One – A Star Wars Story precipita l’universo di Lucas in una distopia più buia, rappresentando un allineamento della saga al fiorire contemporaneo di narrazioni distopiche nel cinema, tendenza evidente nel cinema degli ultimi dieci anni e con naturali affinità con il cinema di fantascienza, da cui la saga fino ad ora si era differenziata attraverso un ottimismo fedele al soprannaturale, ma in Rogue One tramonta in un orizzonte che collassa letteralmente su sé stesso. Mi ha stupito una deviazione così evidente dall’ottimismo lucasiano (e spielberghiano, naturalmente) che impregnava la galassia di Star Wars, ma l’operazione ha dato i suoi frutti, sancendo un desiderio sottaciuto di rinnovamento della saga, che è stato l’occasione mancata del precedente Il risveglio della forza.

Rogue One: A Star Wars Story, ovvero l’universo della maturità.

In attesa che si risvegli anche la trilogia originale.

P.S. Perchè hanno dovuto ricreare digitalmente Carrie Fisher e Peter Cushing? Perchè?

Voto: 4 su 5

Trailer

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Salsa e Meringhe ha detto:

    Io l’ho visto al cinema e mi è piaciuto un sacco, come anche tutti gli Star Wars! 🙂

    Piace a 1 persona

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