Recensione: I’m not Madame Bovary

Genere: Commedia/Drammatico

Regia: Feng Xiaogang

Cast: Dong Chengpeng, Fan Bingbing, Wei Fan, Tao Guo, Zonghan Li

Durata: 128 min.
 

 

 

 

Nella Cina rurale e bucolica dei nostri tempi una giovane donna, Li Xuelian, chiede giustizia. Il crimine non è paragonabile a reati di elevata gravità; non è un omicidio, e nemmeno un furto. È un divorzio. O meglio, un finto divorzio che, assieme al marito, hanno architettato per ottenere agevolazioni per un appartamento. Le cose non vanno per il meglio alla giovane ragazza, perchè non solo il marito l’ha tradita, allontanandola dalla sua vita, ma nel primo grado di giudizio del processo è stato certificato l’effettiva separazione dei due coniugi. Come se non bastasse, nel momento dell’incontro con lui, la donna viene etichettata davanti a tutti come una “Pan Jinlian”, termine utilizzato per definire una donna infedele e di facili costumi. Da qui si attua una lotta costante non solo contro la sua immagine infangata e calpestata, ma anche contro una burocrazia intrecciata, squilibrata e iniqua come quella cinese.

Feng Xiaogang firma un lungometraggio insolito per una cultura occidentale. I’m not Madame Bovary è uno dei pochi film davvero originali, “a tutto tondo” sia nella forma che nel contenuto illustrato. Il termine, non si offendano i critici d’arte, non è usato a sproposito, perchè la prima reazione di fronte a quest’opera è quello dello stupore, quando ci si trova di fronte a una scultura o a un dipinto. L’esagerazione è dettato dal fatto che Xiaogang spiazza sin da subito lo spettatore dalle prime inquadrature, abituato a visioni estese e di ampio respiro dei lungometraggi oltreoceano ed europei. Qui invece l’autore utilizza la geometria per descrivere la realtà che lo circonda. Il cerchio, così come il quadrato, accompagna la protagonista dalla prima all’ultima sequenza, con l’eccezione del finale. Il motivo di questa scelta è principalmente stilistica, avvicinandosi alla cultura e all’arte cinese. Ma l’elemento di innovazione sta nell’utilizzo di queste forme e il significato che si imprime nell’immagine. Il cerchio rimanda anche all’obiettivo della cinepresa, che osserva e spia le vicende di Li Xuelian, e l’utilizzo dei campi lunghi per gran parte del film accentua notevolmente una visione naturalistica del mondo, dove l’uomo altro non è che una delle parti di un sistema più grande e complesso.

A prevalere è tutto ciò che sta intorno alla storia, non la storia in sè, come se l’ambiente in qualche modo influenzi i suoi personaggi e le strade da percorrere. Al contrario, nel momento in cui è il quadrato a formarsi nell’inqudratura (quando Li Xuelian si avvicina nella capitale di Pechino)  la narrazione si sofferma sui meccanismi burocratici cinesi e sulle relazioni degli uomini di potere, pronti a tutto per impedire l’ennesima causa della donna contro l’intero sistema. L’interpretazione di questa scelta formale è dovuta anche alla piega surreale che l’intero film subisce con il passare degli eventi. L’ironia prevale in alcune scene, aiutato da questa visone deformante che sottolinea i paradossi della società cinese, che preferisce inseguire una ragazza alla ricerca di una giustizia personale anzichè preoccuparsi di riformare la giustizia stessa e tutelare i propri cittadini privati di ogni diritto. I’m not Madame Bovary è la vera sorpresa al Far East Film Festival: visivamente innovativo e dalle tematiche profonde e di attualità.

Voto: 4 su 5

Il trailer

L’intervista a Feng Xiaogang al FEFF 19

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