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I migliori film del 2016 (by Riccardo)

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È sempre la stessa frase. “È difficile stilare una classifica dei migliori film dell’anno”. Ma mai come quest’anno questa parole si avvicinano al vero, per molte ragioni. Non solo molti film visti l’anno scorso sono usciti in sala solo nel 2016, ma alcune pellicole che hanno davvero lasciato il segno verranno distribuiti solo nell’anno seguente. In più aggiungici alcune sorprese provenienti dalle piccole realtà cinematografiche, e la lista cambia nuovamente. Sia chiaro: la classifica è personale (e dunque criticabile e contestabile con i commenti qui sotto), e riprende i lungometraggi che sono stati visionati nei cinema italiani da gennaio a dicembre.  Se alcuni film mancano all’appello, molto probabilmente la persona che sta stilando la top 10 non è riuscito (ahimè) a guardarli. Se ciò non fosse, al termine della classifica viene comunque dato spazio ad alcune opere assolutamente da non perdere e che purtroppo, per ragioni di spazio, non sono stati aggiunti nella lista.  Va detto sin da subito che ci sono molti esclusi eccellenti. Il motivo di questa scelta è di valorizzare alcune opere prime a discapito dei lungometraggi di autori già affermati.

P.S. Chiarisco un’altra cosa. Nella lista sono escluse alcune opere di grande valore che non hanno preso la via distributiva tradizionale, ma che sono fruibili in alcune piattaforme streaming accessibili in Italia sotto abbonamento. Questa scelta (da parte del sottoscritto)  è per dare merito al lavoro dei distributori che ogni anno cercano (con tutti i rischi del mestiere) di potare nelle sale film di qualità. 

Partiamo…

 

10- Mine

Il primo film italiano in lista è l’opera prima dei Fabio Brothers (non sono fratelli, ma mi piace definirli così, spero mi perdoneranno). La bellezza di Mine è di creare un film fuori dagli schemi, con una sceneggiatura salda, fluida e che mantiene la tensione per tutta la durata della storia. Non è solo la guerra a essere al centro della vicenda del giovane protagonista Mike. C’è il thriller, la commedia, ma non mancano scene di  forte introspezione sul personaggio, un ottimo Armie Hammer che trasmette sensibilità e fermezza nelle scelte intraprese. La regia colpisce particolarmente per l’uso sia di campi lunghi che raffigurano la solitudine del personaggio di fronte all’immensità e alla forza del deserto, sia dei primi piani che si soffermano sui tormenti di Mike nelle ore passate. (la recensione)

 

9- Lo chiamavano Jeeg Robot

“A me la gente me fa schifo”. Ma il popolo italiano adora Enzo Ceccotti, il protagonista del film di Gabriele Mainetti Lo chiamavano Jeeg Robot. È sicuramente un ottimo film di genere, con un impianto ben costruito dal regista sia sotto l’aspetto del contenuto, sia per quanto riguarda la crescita del personaggio interpretato da Claudio Santamaria. Ma è la capacità di intrecciare la realtà, non così lontana dai fatti di attualità, con elementi iconici del fumetto tradizionale a renderlo unico, con punti che si avvicinano ai più fedeli gangster stories e altri che invece raccontano la crescita introspettiva del supereroe. Come ogni eroe che si rispetti, non manca la sua metà più oscura, il cattivo per eccellenza che lo affronterà per la supremazia della città: lo Zingaro, il villain cresciuto con pane e “Buona Domenica”. Insomma, se siete ancora gli unici a non averlo visto, correte e cantate tutti insieme “Non sono una signora”! Daje. (la recensione)

 

8- Room

È possibile girare un film quasi completamente in una stanza? Sì, e in questa speciale classifica ce ne sono ben due. Il primo che viene trattato è Room, un posto nel quale due persone, Jack e Joy, costruiscono una fetta importante della loro vita. Il lavoro di Lenny Abrahamsson, pur possedendo una fluidità e linearità nel racconto, è spigoloso e complesso nelle sue parti. Quello che si mostra è una storia che, come pugni, colpisce senza alcun rimorso. Non cerca giustificazioni, e nemmeno motivazioni di quello che accade. Dalle prime immagini ci si trova immediatamente in quell’orrore, una realtà nella quale la donna non trova via d’uscita. Un film che crea una tensione crescente  fino a scoppiare, in un miscuglio emotivo che va dalla claustrofobia alla paura verso quel mostro che ha reso la loro vita un inferno. (la recensione)

 

7- Captain Fantastic

Captain Fantastic è il film che più ha diviso. C’è chi lo detesta inserendolo nei film peggiori dell’anno, e c’è ci invece ha apprezzato lo stile e il contenuto, con una storia affascinante (ecco, non ho detto interessante) che ti porta all’interno di dinamiche familiari non convenzionali. Ben ha 6 figli, con i quali alloggia in una piccola abitazione immersa nella foresta del Nord America e completamente isolata dal mondo esterno. Lì imparano a entrare a contatto con il paesaggio circostante, studiando le materie scolastiche, ma senza tralasciare l’aspetto pratico. La particolarità di questo film sta nel confronto di due stili di vita (quello tradizionale e quello raccontato in questa storia) e mettere in dubbio entrambi i metodi, perché nessuno ha la ricetta perfetta, nessuno è veramente “fantastico” come si direbbe. Per vivere è necessario il compromesso, che non vuol dire perdere la libertà, ma accettarsi in quanto individui.  (la recensione)

 

6- Anomalisa

Micheal Stone è un uomo “felicemente” sposato e, di professione, fa lo scrittore. consolato e demoralizzato della sua stessa vita monotona, l’uomo inizia a sentire una voce incantevole proveniente dal corridoio. Dopo alcuni tentativi falliti di ricerca, lo scrittore incontra Lisa, una ragazza venuta proprio in città ad assistere alla sua conferenza. Da qui nasce una piccola intesa tra di loro, che si trasformerà in una relazione che cambierà la loro esistenza. L’opera mostra la perdita dell’identità individuale, che viene piano piano sostituito da un eccesso di conformismo che in alcune parti del film arriva a livelli davvero inquietanti. L’incertezza, la solitudine e la perdita della coscienza sono i motori trainanti di Anomalisa, un’opera in stop motion da non perdere.  (la recensione)

 

5- Veloce come il Vento

L’ultimo film italiano è Veloce come il vento, di Matteo Rovere. Giulia è una ragazza con la passione per le macchine da corsa, e il suo obiettivo è vincere il campionato Gran Turismo. Ma qualcosa cambierà drasticamente la sua vita, costretta non solo a prepararsi per le prossime gare, ma a dover accudire i fratelli, da quello più piccolo Nico a quello più irresponsabile Loris, ex pilota di rally ma ora sotto dipendenze da droghe. Il film italiano è il più riuscito tra quelli segnalati, mischiando l’adrenalinica regia dell’autore con una storia autentica e quotidiana.  Nella pellicola si passa con assoluta scioltezza dalle soggettive e i primi piani di Giulia, alle prese con gli avversari che non mollano un colpo, a inquadrature dall’alto e con telecamera fissate sull’asfalto, dove quest’ultima, tremolante al passaggio delle auto, riesce a trasmettere energia e potenza. (la recensione)

 

4- Animali Notturni

Animali Notturni è uno dei film di Tom Ford che più ha convinto al recente festival di Venezia. Tutto comincia con Susan, la quale un giorno riceve un piccolo manoscritto dal suo ex marito Edward, che le chiede un giudizio sul merito del libro. Da qui il film cambia improvvisamente pelle, passando da un tono drammatico a un road movie tipico del genere thriller. La storia prende forma man mano che le pagine vengono sfogliate da Susan, portando il film a un livello di narrazione complesso e intrigante. L’intreccio delle storie, le similitudini tra i diversi personaggi all’interno della pellicola, plasmate da una regia rigida, geometrica, pragmatica di Tom Ford, trasporta lo spettatore in una vicenda che vede generi e sensazioni sovrapporsi con totale armonia, dal melodramma al più classico dei crime. (la recensione)

E ora, entriamo sul podio…

 

3- The Hateful Eight

Più che ai “Magnifici 7”, qui siamo di fronte ai più scorretti personaggi del western. Stiamo parlando degli “odiosi 8”, i protagonisti dell’ultima pellicola di Quentin Tarantino. Otto personaggi completamente distanti gli uni dagli altri, ma che si troveranno a dover convivere nello stesso posto a causa di una tempesta di neve che impedisce qualsiasi movimento a cavallo. The Hateful Eight è un film al confine tra il vecchio Tarantino (da Le Iene a Pulp Fiction) e quello più maturo e politico, che si è visto di recente nel penultimo lavoro Django Unchained. Diviso in sei capitoli come in Kill Bill, ci si trova davanti a una prima parte fortemente descrittiva a una seconda mette in scena uno spettacolo pirotecnico che non deluderà ogni singolo sostenitore del suo stile ormai consacrato dalla storia del cinema. (la recensione)

 

2- Il Caso Spotlight

Uno dei casi giornalistici più grossi della storia della carta stampata americana. Il caso Spotlight racconta il caso di pedofilia all’interno della Chiesa Cattolica grazie al Boston Globe, uno dei giornali più influenti della città. Il film ripercorre la complessa vicenda attraverso una lunga (e non solo metaforica) rincorsa per ottenere le prove necessarie a incastrare i carnefici di questo terribile delitto. L’obiettivo del regista Thomas McCarthy è di rappresentare le dinamiche nella stesura di un’inchiesta all’interno di un quotidiano, e le difficoltà che i giornalisti hanno dovuto affrontare nel cercare la verità, a tal punto da andare contro a una istituzione ormai consolidata come il cattolicesimo. Un ottimo film di denuncia, sostenuto da interpretazioni davvero all’altezza. (la recensione)

 

1- Io, Daniel Blake

Al primo posto Io, Daniel Blake di Ken Loach. Il punto di vista della storia è di Daniel Blake, un falegname di New Castle sulla soglia dei sessant’anni. Ha sempre risolto i propri problemi in maniera del tutto autonoma, ma con l’avvento della tecnologia, tutto cambia, soprattutto dopo l’attacco cardiaco che ha avuto negli ultimi giorni. Per questa ragione l’uomo decide di chiedere il sussidio di invalidità allo Stato, ma senza successo. Loach scrive uno dei suoi film più politici, abbandonando il filtro della commedia e raccontando la realtà senza freni, anche se non mancano i tocchi sarcastici che spesso accompagnano il suo cinema. Nell’illustrare la forbice sociale e la distanza tra lo Stato e la propria comunità, Loach mostra quello spicchio di mondo spesso abbandonato dai media e dalla politica attraverso l’occhio dei suoi protagonisti, semplici, umili e generosi. (la recensione)

 


Sorpresa del 2016: La mia vita da Zucchina

La mia vita da Zucchina è la vera sorpresa di quest’anno. Sin dalle prime sequenze siamo di fronte a una vicenda in contrasto con le sue forme leggiadre tipiche dell’animazione. Non è la vita di un bambino che insegue i suoi sogni, ma di uno che si sta aggrappando a quell’aquilone per volare via da una condizione non idilliaca, visto che si trova in una casa famiglia, in attesa che qualcuno possa realmente prendersi cura di lui e promettergli di vivere quel poco che gli manca dell’età infantile. I personaggi sono tutti caratterizzati alla perfezione. Ognuno all’interno della storia trasmette il disagio, i problemi e i traumi ricevuti sin da piccoli, ma l’aspetto straordinario di questo film sta nell’uso dello stop motion, che se da un lato drammatizza la situazione, dall’altro riesce a dare un tocco delicato e leggero alla storia. (la recensione)

 

Delusione del 2016: The Legend of Tarzan

A volte si sbaglia. E si può perdonare David Yates, dopo il buon spin-off di Animali FantasticiThe Legend of Tarzan non parte in maniera lineare dall’infanzia per poi passare all’età adulta, ma al contrario ci porta già con Tarzan già a contatto con la civiltà. Fin qui, la scelta è condivisibile, perché è una scelta che si discosta dalle precedenti trasposizione. Tuttavia  la storia poteva prendere due direzioni precise: raccontare per l’appunto questa transizione oppure mostrare più da vicino l’aspetto storico dello sfruttamento coloniale attuato dall’intera Europa verso il continente africano. Il risultato è stato invece ambiguo, confusionario, cercando di dare un contentino un po’ da una e dall’altra parte, attraverso una sceneggiatura difettosa e incerta su alcuni punti cardine del film. (la recensione)

 

Altri film da consigliare:

– Revenant

Iñárritu con Revenant mostra la brutalità dell’essere umano in tutta la sua potenza, con uno stile gratificante, capace di impressionare ed emozionare sin dal primo fotogramma. Qui spicca non solo l’interpretazione di Leonardo di Caprio, che negli ultimi anni è stato capace di andare oltre alla semplice rappresentazione di un personaggio e della sua storia, ma quella di Tom Hardy, che è riuscito a mantenere quell’equilibrio necessario a rendere fruibile per intero il racconto. (la recensione)

 

– Il cittadino illustre

Un film che ha sorpreso il pubblico di Venezia, grazie alla incredibile interpretazione di Oscar Martinez, Coppa Volpi come migliore attore. Uno scrittore che ha rinnegato le sue origini si trova a dover fare i conti con il suo passato, con la gente che lo detesta dopo le sue pubblicazioni che giudica con disprezzo la comunità del suo paese natio. Il cittadino illustre rappresenta una commedia originale e ironica al punto giusto, oltre a trarre delle forti riflessioni sul rapporto tra l’individuo e il suo successo. (la recensione di Mattia)

 

– Il Clan

Il Clan, vincitore del Leone d’Argento a Venezia 72, funziona sotto ogni luce, riusciendo, grazie a una regia sublime, dinamica di Pablo Trapero, a coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine nella vita complessa e adrenalinoca dei personaggi, una famiglia spietata che, dopo il regime ferreo del generale Videla, opera numerosi sequestri, rapendo componenti di alto borgo in cambio di denaro. Il film rappresenta uno dei film più sorprendenti visti al Lido l’anno scorso, raccontando la famiglia Puccio in ogni sua sfumatura, dai rapporti familiari contrapposti alle scene dure e crude dei colpi che la famiglia  commette durante la settimana. (la recensione)

 

– Fuocoammare

Dulcis in fundo, Fuocoammare di Gianfranco Rosi ha saputo illustrare le due facce di Lampedusa, quella ordinaria, della routine, dei due ragazzini che giocano con la fionda e che cercano di imparare ad andare in barca e riuscire, un giorno, a pescare. E poi c’è l’altra, quella straordinaria, dove migliaia di migranti affrontano il mare aperto con il desiderio, un giorno, di affrontare una vita migliore di quella passata nel loro paese e nelle acque agitate. Un documentario riuscito che mostra le distanze tra la realtà delle migrazioni in corso negli ultimi anni e la nostra quotidianità.

 

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