Recensione: King Arthur – il potere della spada

Genere: Azione

Regia: Guy Ritchie

Cast: Charlie Hunnam, Jude Law, Katie McGrath, Annabelle Wallis, Eric Bana

Durata: 126 min.

Distribuzione: Warner Bros.

 

 

 

 

 

Inghilterra. Medioevo. Maghi e umani convivono in piena sinergia, fino a che uno degli stregoni più potenti, il malvagio Mordred, decide di attaccare Camelot alla guida di un gigante elefante che spazza via qualunque cosa trovi davanti a lui. Temibile da tutti, a partire dallo stesso esercito, ma non per lui, Uther Pendragon, il re che, grazie ad Excalibur, si spinge oltre l’ostacolo motivando i propri soldati e sbaragliando l’avversario. Il sovrano non sa, purtroppo, che il nemico si trova dentro le mura del castello, costringendolo ad abbandonare il proprio figlio al suo destino, dopo il tradimento del fratello del re Vortigen, diventato indiscusso despota di Camelot. Artù, sopravvissuto, vive a Londinum compiendo attività losche nei quartieri malfamati della città, fino a quando il suo passato, che già bussava nella sua mente in sogno, riemerge sotto forma di una spada confinata in una roccia, resistente a qualunque tentativo dell’uomo di estrarre quella lama leggendaria.

La storia di Re Artù la conoscono tutti, ma di sicuro non sono al corrente di questa versione moderna e schizofrenica creata da Guy Ritchie, che di film irrazionali e densi di follia ne è il più evidente rappresentante, vista la sua lista infinita di pellicole che contengono il suo marchio di fabbrica: utilizzo di flashback e flashforward e di un montaggio segmentato, rapido nella durata della sequenza e che comprime in pochissimo tempo una lunga cronologia di eventi. King Arthur – il potere della spada conglomera il suo stile inconfondibile con un rimodernamento del mito classico, con cambiamenti nella struttura narrativa e all’interno degli stessi personaggi, che mutano drasticamente sulla scena. Non sono dei puri di cuore, non rappresentano l’idea di coraggio e di forza di volontà. Semplicemente ne se fregano. La vita ha riservato loro ogni tipo di sventura, e per questa ragione queste simbologie non li appartengono.

Vengono dalla strada, dal “ghetto” usando terminologie odierne, e dai bordelli certamente non arrivano insegnamenti che vengono impartiti nelle grosse corti del castello di Camelot, che, tra l’altro, non se la sta passando bene, visto il governo dispostico di Jude “Vortigen” Law, vittima del proprio ego e della propria sete di potere come il giovane Papa di Sorrentino. Non esiste una distanza abissale nei comportamenti e nell’aspetto tra l’illegittimo re e l’erede al trono Artù. Il protagonista, interpretato da Charlie Hunnam, viene descritto da Ritchie come un ragazzo cresciuto con le leggi della strada, come un piccolo gangster in cerca di fortuna e di rispetto da parte del quartiere dove opera. L’aspetto criminale, con un vestiario in pelliccia che ricalca uno stile eccentrico e stravagante simile a uno dei personaggi impersonati da Hunnam nella famosa serie targata FX Sons of Anarchy, con Jackson Teller alla guida della banda di motociclisti di Charming. Gli atteggiamenti da gradasso, le movenze altalenanti, sono punti che collegano Artù con Jax, un aspetto che farà sicuramente felici gli orfani della serie televisiva.   Lo stesso vale per Vortigen, con l’unica differenza che il denaro non gli manca, e che il rispetto se l’è guadagnato con la paura e con la spada, usata contro chi si ribella al suo volere. Entrambi, nonostante la diversa scala in cui operano, cercano il potere, una visione che cambia nel momento in cui entra in scena Excalibur, che cambia gradualmente la percezione di Artù in positivo, seppur mantenendo un comportamento ambiguo e arrogante.

King Arthur – il potere della spada è un film che non si prende sul serio. Mette in scena  battaglie epiche tra bande; gioca con il mito, mutando le connotazione di alcuni personaggi cult della storia (esempio lampante il monaco orientale Kung Fu George, con l’attore protagonista nella serie Netflix Marco Polo) e puntando soprattutto nei momenti di dialogo sullo scherno di nomignoli e di epiteti che erano soliti dare alle persone in epoca medioevale; ma soprattutto diverte e intrattiene come solo Guy Ritchie sa fare.

 

Voto: 3 su 5

 

Il trailer

2 commenti Aggiungi il tuo

    1. Riccardo Lo Re ha detto:

      Grazie mille! Continua a seguirci!

      Piace a 1 persona

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